Terremoto Ravenna, la Regione valuti stop alle concessioni di estrazione e stoccaggio gas in Romagna e in Adriatico

I quadratini verdi indicano le piattaforme presenti solo a largo di Ravenna
I quadratini verdi indicano le piattaforme presenti solo a largo di Ravenna

“Secondo l’Ingv nella provincia di Ravenna sono possibili scosse di notevole entità perché insistono le stesse strutture che hanno generato il sisma di Mirandola del 2012 e il terremoto di ieri sera dimostra ancora come anche la Romagna sia una zona ad alto rischio sismico. Ecco perché, come fu fatto per il sisma del 2012, bisognerebbe pensare a come garantire al massimo il principio di precauzione sul tema dell’estrazione e dello stoccaggio degli idrocarburi. Magari pensando proprio a una sospensione delle concessioni”. È questa la proposta del MoVimento 5 Stelle, riguardo alla presenza di numerose piattaforme a mare e concessioni a terra (fra Ravenna, Bagnacavallo, San Potito, Alfonsine, Ferrara, Cesenatico e Rimini) per l’estrazione, lo stoccaggio di idrocarburi e la reiniezione delle acque di strato nella zona dove è stato localizzato l’epicentro del terremoto che ha colpito Ravenna e gran parte della regione.

“Nell’aprile del 2016 si è svolto il referendum nazionale per abrogare la norma che estende la durata delle concessioni per estrarre idrocarburi in zone di mare (entro 12 miglia nautiche dalla costa) sino all’esaurimento della vita utile dei rispettivi giacimenti – ricorda Andrea Bertani – Chi allora diceva che lo stop alle trivellazioni in Adriatico avrebbe prodotto disoccupazione raccontava una bugia gigantesca: l’insuccesso al referendum infatti non ha prodotto incrementi, anzi molte aziende del settore continuano purtroppo ad essere in crisi da anni, perché si insiste a non volere pensare ad una riconversione del settore verso le rinnovabili come stanno facendo molti paesi avanzati (si pensi ad esempio all’eolico offshore). Se a questo scenario – anche se in questo caso sembrerebbe da escludere qualsiasi nesso – aggiungiamo i rischi di sismicità indotta (non ancora pienamente documentati, ma neppur mai scientificamente smentiti) e valutiamo anche i rischi che il terremoto stesso può causare in questo tipo di impianti, la presenza di attività estrattive e depositi è un qualcosa a cui potremmo tranquillamente dare una svolta, nella direzione di altri tipi di approvvigionamento energetico. Vale la pena di ricordare anche che “al fine di mantenere al più alto livello delle conoscenze gli standard di sicurezza per tali attività in zone sismicamente attive e in aree dove queste attività possono produrre deformazioni del suolo” il MISE nel 2014 ha emanato delle linee guida per il monitoraggio delle attività di coltivazione, reiniezione e stoccaggio di idrocarburi.  Queste prescrizioni sono state tutte puntualmente verificate ed attuate nelle attività in essere ed in quelle in progetto? Ecco perché chiediamo che la Regione valuti, così come fatto per il terremoto del 2012, di sospendere almeno nella zona dell’epicentro della scossa del 14 gennaio tutte le attività estrattive. Il principio di precauzione deve prevalere sugli interessi che, come abbiamo sempre dimostrato, sono di pochi e deturpano il nostro territorio”.