La prossima volta che scarti qualcosa, prova a chiederti: stai buttando un problema o stai liberando una risorsa che può rientrare in gioco? La risposta, in fondo, disegna la città in cui vuoi vivere

Le città cambiano quando cambiamo sguardo. Una bottiglia non è solo un vuoto, un avanzo non è solo un peso. Se spostiamo il focus dal fine vita al “nuovo inizio”, il paesaggio urbano si fa laboratorio.
Il cuore è un modello di economia circolare. Non estraiamo–produciamo–buttiamo, come nella vecchia economia lineare. Progettiamo beni che durano. Recuperiamo materiali post-consumo. Rigeneriamo componenti. Manteniamo il valore in circolo il più a lungo possibile.
Questo approccio riduce impatti sull’ambiente. Le città tagliano emissioni e consumi di risorse. Ma c’è di più: l’innovazione trova spazio in nuovi servizi, e l’occupazione cresce con filiere di riparazione, logistica inversa e manifattura da riciclo.
E sul terreno? In Emilia-Romagna il cambio di passo è visibile.La raccolta differenziata spinta, anche porta a porta, ha alzato l’asticella: secondo ISPRA la regione supera il 70% di frazioni avviate a riciclo. Strumenti digitali come Il Rifiutologo aiutano cittadini e imprese a conferire meglio.
I centri di riuso tengono in gioco gli oggetti ancora utili. A livello comunale, la rete regionale sostiene spazi dove mobili, elettrodomestici e biciclette trovano una seconda vita. Qui la parola chiave è “prevenzione”: meno scarti, più valore locale.
Le start-up del riciclo e il sostegno dell’UE
Le imprese non stanno a guardare. Tra le start-up del riciclo spiccano piattaforme di simbiosi industriale, come Sfridoo, che fa incontrare domanda e offerta di sottoprodotti per trasformarli in asset produttivi. Dalle economie di scarto nascono nuove filiere e margini che prima non c’erano.

Anche i programmi UE danno spinta. Il Piano d’Azione europeo per l’economia circolare e i bandi LIFE e Horizon finanziano progetti su bio-rifiuti, plastiche e sistemi di tracciabilità. In regione, fondi POR-FESR sostengono impianti di selezione avanzata e sperimentazioni su materiali complessi.
Restano però nodi aperti. Lo spreco alimentare pesa ancora. In cucina e nella filiera. In Emilia le iniziative di recupero come Last Minute Market, nato all’Università di Bologna, mostrano che si può fare molto con reti locali e dati precisi.
La plastica monouso rimane un tallone d’Achille: servono alternative riutilizzabili, sistemi di cauzione e standard di progettazione per il riciclo effettivo. Infine, discariche e inceneritori esistono e costano. L’obiettivo è ridurre il residuo con prevenzione, qualità della raccolta e impianti che estraggono materia, non solo energia.
Tutto questo funziona se ciascuno gioca la sua parte. I Comuni definiscono regole chiare e misurano risultati. Le aziende progettano prodotti pensati per il disassemblaggio. I cittadini chiedono servizi semplici e trasparenti, e li usano. Ogni gesto è una scelta industriale in miniatura.