Pensioni chiamate invisibili: perché i contributi part-time pesano meno sull’importo finale. Cosa dice il nostro sistema previdenziale.
Il tema delle “pensioni invisibili” è un aspetto per certi versi inquietante e reale del sistema previdenziale italiano: colpisce in particolare i lavoratori con carriere discontinue o con lunghi periodi di lavoro part-time.

Sebbene il part-time permetta di maturare l’anzianità contributiva, è vero che i periodi con retribuzioni basse si traducono in un montante previdenziale ridotto, influenzando negativamente la misura finale della pensione. Nel sistema previdenziale italiano, specialmente per coloro che sono interamente o parzialmente soggetti al sistema contributivo (i nati dopo il 1995 sono interamente soggetti), la pensione futura si basa unicamente sul montante contributivo accumulato.
Questo montante è calcolato in proporzione diretta ai contributi versati, che a loro volta sono proporzionali alla retribuzione percepita. Ovviamente, se un lavoratore part-time percepisce metà dello stipendio di un full-time, verserà circa la metà dei contributi. I contributi part-time permettono comunque di maturare l’anzianità contributiva (i periodi di lavoro si sommano per il diritto alla pensione), ma è l’importo della pensione a essere inferiore, proprio perché il calcolo finale si basa sui contributi effettivamente versati e rivalutati.
Pensione e lavoro part time: il problema dei contributi e dell’assegno finale
I periodi di part-time verticale o ciclico sono riconosciuti integralmente ai fini del diritto pensionistico (non si perde l’anno), ma l’impatto sulla misura dell’assegno rimane limitato dalla ridotta base retributiva.

L’accumulo di contributi più elevati negli anni giovanili è fondamentale. Nel sistema contributivo, l’importo della pensione si calcola sull’intera carriera lavorativa. Contribuire poco nei primi anni, magari a causa di un lavoro part-time a bassa retribuzione, crea una base di montante previdenziale iniziale ridotta che pesa sul calcolo complessivo. Per questo, contribuire il più possibile a pieno sin da giovani può fare una grande differenza previdenziale a lungo termine.
Esistono strumenti per mitigare l’effetto dei contributi bassi, sebbene comportino costi e vincoli. Ad esempio, il lavoratore può effettuare versamenti volontari per integrare i periodi con contributi bassi o mancanti. Tale operazione, tuttavia, deve essere autorizzata dall’INPS e richiede il rispetto di specifici requisiti minimi di contribuzione pregressa. È possibile anche riscattare periodi di studi universitari o determinati periodi di lavoro con contribuzione ridotta.
Esistono soglie minime di retribuzione per l’accredito integrale di un anno contributivo. Se la retribuzione scende al di sotto di questa soglia (ad esempio, circa 239 euro settimanali nel 2024), l’accredito dell’anno non è completo, e l’anno viene decurtato sia ai fini del diritto che della misura. Il concetto che “25 anni di contributi part-time valgono meno del previsto” è veritiero: a parità di anzianità contributiva (25 anni), l’importo della pensione sarà significativamente minore se gran parte della carriera è stata svolta part-time a basso reddito.





