Chiusura punto nascite di Castelnovo ne’ Monti, la Regione dica no

No alla chiusura del punto nascite dell'ospedale del comune dell'Appennino reggiano
No alla chiusura del punto nascite dell’ospedale del comune dell’Appennino reggiano

“Nel punto nascite di Castelnovo ne’ Monti avvengono circa 200 parti ogni anno. Anche se questo numero non è sufficiente per raggiungere il limite imposto dall’accordo Stato-Regioni, negli ultimi 10 anni non si sono mai verificati problemi. Per questo troviamo francamente incomprensibile la decisione di volerlo chiudere e chiediamo alla Regione di fare tutto il possibile per tutelare un presidio così importante”. Il gruppo regionale del M5S continua la sua battaglia contro la chiusura del punto nascite di Castelnovo ne’ Monti. Questa mattina i consiglieri Raffaella Sensoli e Gian Luca Sassi hanno presentato una interrogazione e una risoluzione per impegnare la Giunta e ad opporsi alla sospensione dell’ennesimo servizio sanitario per i cittadini della nostra regione.

“L’ospedale di Castelnovo serve un’area che arriva fino a Civago, distante ben 72 km da Reggio Emilia, che diventerebbe la località da raggiungere nel caso in cui il Sant’Anna dovesse essere depotenziato o trasformato – spiegano i due consiglieri – Come aveva riconosciuto nel 2012 l’allora ministro Renato Balduzzi il punto nascite di Castelnovo, essendo in una zona disagiata come è considerata quella montana, dovrebbe essere immune da eventuali progetti di depotenziamento o riqualificazione. Principio tra l’altro sancito dalla stessa Assemblea Legislativa che qualche settimana fa ha approvato un nostro emendamento per evitare la chiusura di un ospedale con condizioni molto simili a quelle di Castelnovo, ovvero quello di Novafeltria. Per questo chiediamo che la Giunta prenda questo preciso impegno, riconoscendo la particolarità del Sant’Anna”.

Negli atti presentati i due consiglieri, oltre a chiedere il mantenimento del punto nascite di Castelnovo ne’ Monti e alla sospensione di ogni depotenziamento o modifica in atto nei presidi ospedalieri di tutta la Regione almeno fino ad approvazione del nuovo piano ospedaliero regionale, chiede alla Giunta di “agire nella Conferenza Stato-Regioni in ordine all’Accordo sulla salute firmato del 2010, affinché la normativa in essere sia adeguata alle esigenze della popolazione, in particolare nei territori montani, in cui ai fini del mantenimento dei punti nascita bisognerebbe prendere in considerazione non il numero dei parti effettuati nella struttura, ma bensì il numero di parti effettuati dal personale che opera nella struttura e la sua esperienza professionale, esperienza che può essere mantenuta su valori elevati con vari sistemi che escludono la chiusura dei punti nascita per le realtà con difficoltà orografiche, valutando, quindi, sulla base dei requisiti più ampi e che comprendano gli aspetti territoriali, dei livelli professionali, strutturali e tecnologici e non avendo come discrimine essenziale il solo riferimento numerico dei parti annui”.