“Una passerella assolutamente inopportuna, della quale non capiamo l’esigenza né tantomeno l’urgenza. Si giustifica con l’esigenza continua da parte della cooperazione amica di trovare opportunità e finanziamenti?”. È questo il commento di Giulia Gibertoni riguardo all’audizione che si svolgerà mercoledì prossimo, 22 febbraio, e che vedrà Legacoop Emilia-Romagna riferire alle Commissioni Pari Opportunità e Attività produttive (per l’occasione in seduta congiunta) sulle “buone prassi di welfare aziendale”.
“Un tema che avrebbe meritato un dibattito molto esteso, allargato a tutto il mondo cooperativo e quindi non solo a quello presumibilmente legato politicamente e storicamente a questa Giunta, ma che invece vedrà inspiegabilmente come unico interlocutore Legacoop – spiega Giulia Gibertoni – A nostro avviso si tratta di una scelta alquanto discutibile, ingiustificata e che si concretizzerà nella solita passerella offerta per ribadire quanto il modello del welfare portato avanti dall’associazione delle cooperative rosse sia da elogiare e premiare”.
Per Giulia Gibertoni se lo scopo dell’audizione in Commissione fosse stato realmente quello di conoscere e capire i modelli e le esperienze portate avanti su un tema così importante, l’esperienza di Legacoop avrebbe dovuto essere una delle tante ad essere raccontate, così come richiesto in una lettera inviata alla presidente della Commissione VI. “Quando abbiamo saputo di questa audizioni ci aspettavamo che fosse una delle tante in programma ma al momento pare essere la sola e unica – aggiunge Giulia Gibertoni – Per questo abbiamo chiesto che questa audizione sia allargata a tutto il mondo della cooperazione, non solo a Legacoop, valutando anche l’ipotesi di integrarla con i responsabili dei tavoli tematici specifici già avviati a livello di università e ricerca, oltre che con i rappresentanti dell’associazione delle Aziende pubbliche di servizi alla persona (CISPEL). Il tutto affinché si possa avere una visuale più ampia che permetta di capire dove è necessario integrare le politiche di welfare tradizionali con quelle aziendali”.